L'uso del Ciborio nella Liturgia


Origine del Ciborio

Fra il III e il IV secolo si sviluppa una liturgia più ricca e le basiliche si arricchiscono di numerose strutture interne, fra le quali il ciborio. Il ciborio era già presente nell'architettura greca e romana come luogo per il trono imperiale o del generale, e nel Tempio ebraico di Salomone quale luogo del Tabernacolo. La simbologia dei due popoli si fonde nel Cristianesimo, il Ciborio diventa il luogo del Cristo-Re, dell'Officio, della preghiera sacerdotale. Solitamente, la Tradizione consegna alle quattro colonne portanti il simbolo dei Quattro Evangelisti sui quali poggia l'insegnamento che abbiamo ricevuto. L'importanza del ciborio giunge proprio dai Sacramentarii e dagli Ieratikon che avevano diverse preghiere o allocuzioni da proferire al momento dell'apertura o chiusura dei veli, detti in latino tetravela per via del fatto che fossero ubicati su tutti e quattro i lati.

Testimonianze storiche del suo uso liturgico

Paolo Silenziario (+580) racconta che nella basilica della Divina Sofia a Costantinopoli il ciborio era "protetto" da quattro lunghi veli d'oro e seta, Poco più tardi, Anastasio il Bibliotecario, sotto il papato di Giovanni II (532-533), illustra l'antica basilica di san Pietro con il suo ciborio anch'esso coperto da veli di seta damascati in oro, mentre sotto il papa Sergio I (687-701) ne furono prodotti quattro bianchi e rossi. Leone III (795-816) impreziosì la tradizione dei veli con la produzione dei orbiculi, detti anche scutallae, su impianto dei tetravela. Consistono nel medesimo oggetto, ma impreziosito con scene della festa di riferimento, oro, pietre preziose, icone cucite. Ad esempio, per la festa dell'Ascensione, è documentato il velo centrale dorato con un Cristo circondato dagli angeli. A proposito di angeli, essi venivano spesso usati come capitello e punta per i veli delle torri eucaristiche, anch'esse addobbate con veli dorati. Il velo del ciborio, così come il velo omerale dei sacri vasi, simboleggia tanto il sudario di Cristo quanto il velo del Tempio di Gerusalemme, ed è per questo che non può essere considerato poco importante, assieme a tutta la struttura, la quale simboleggia a sua volta la creazione: la volta celeste, le colonne dell'insegnamento apostolico, l'armonia delle forme come simbolo della perfezione della creazione stessa, nella quale si manifesta la divinità attraverso i riti. 


ciborio nella chiesa di san Pietro all'oratorio, in Capestrano.

Uso liturgico del Ciborio
La più antica prece per il ciborio è manifesta nella Liturgia di san Giacomo, Fratello del Signore, celebrata in Gerusalemme. Difatti, all'Anafora, il sacerdote recita a bassa voce una preghiera che principia così: avendo tolto i veli... poiché l'altare, finora coperto, veniva aperto per l'ingresso del sacerdote e poi richiuso alle sue spalle. 
Nel rito romano, invece, la preghiera di introito ( ossia di ingresso) aveva evidente scopo di benedire l'apertura dei veli del tempio per l'avvicinamento al sancta sancturum.I tetravela venivano richiusi nuovamente dopo il Sanctus fino alla conclusione della comunione del presbitero, ed è per questo, per sottolineare alcune preci segrete, che il sacerdote suonava una piccola campanella, uso che è rimasto anche dopo il Concilio tridentino. Il concilio di Trento ha devastato la liturgia romana, eliminando anche l'uso liturgico del ciborio, rendendolo mero addobbo della chiesa. 

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FONTI

F.Cabrol, Mass in the Western Rites, 1902.

F. Block, The Ecclesiologist, vol.29: "The hangings of the Altar veils", Cambridge Press, 1957

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