le tre sante badesse inglesi Mildred, Ealburga e Domneuin
Dato che osserviamo che nei monasteri
femminili molte norme sono diverse da quelle dei monaci, tra le tante ne
abbiamo scelte poche con le quali possa essere regolata la vita comune di
anziane e giovani, in modo che cerchino di realizzare spiritualmente ciò che
considerarono particolarmente adatto al loro sesso; queste sono le cose più
importanti che convengono alle vostre sante anime.
I. Se una,
lasciati i suoi parenti, ha voluto rinunciare al mondo ed entrare nel santo
ovile, per potersi sottrarre con l'aiuto di Dio alle fauci dei lupi spirituali,
non esca dal monastero fino alla morte, neanche per entrare in Basilica, dove
si vede una porta.
II. Si impegnino a
respingere ed evitare il giuramento e l’imprecazione, come veleno del demonio.
III. A colei che,
ispirata da Dio, si converte alla vita monastica, non sia lecito indossare
subito l'abito religioso, se non prima che la sua scelta sia stata messa alla
prova con molta pratica; ma, affidata ad una delle anziane, stia per un anno
intero con l'abito con cui è venuta. Tuttavia decida la priora questo cambio
d'abito o l'avere il letto nel dormitorio; la stessa priora cerchi di regolare
i tempi, più o meno lunghi, quando conoscerà la persona e la sua compunzione.
IV. A loro volta
quelle che vengono al monastero da vedove o dopo aver lasciato i mariti o con
l'abito già cambiato, siano accolte solo dopo che abbiano fatto atti di
donazione o di vendita a chi vogliono di tutto il loro patrimonio, in modo che
non si riservino niente di proprio da amministrare o da possedere, secondo le
parole del Signore: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi”
(Mt 19,21) e: “Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, e non
viene dietro a me, non può essere mio discepolo” (Lc 14,27:33). Per questo
motivo vi dico ciò, venerabili figlie, perché le monache che avranno qualcosa
in loro possesso, non potranno giungere alla perfezione. Se anche quelle che
scelgono la vita monastica ancora vergini non vorranno adempiere questo
impegno, non siano accolte o perlomeno, non si permetta loro di ricevere
l'abito religioso, fino a che non si siano liberate da tutti i vincoli di
questo mondo.
Invece, quelle che non possono avere la
disponibilità della loro sostanza, essendo vivi i genitori o perché ancora
minorenni, siano costrette a fare un atto di vendita quando potranno avere a
disposizione i beni dei genitori o quando saranno giunte all'età legale.
Stabiliamo così alle sante anime vostre, per il timore dell'esempio di Anania e
di Safira (At 5,1 ss.) che, avendo detto agli Apostoli di aver consegnato
tutto, consegnarono (solo una) parte e tennero infedelmente per sé la parte
(rimanente); cosa che non è bene fare, né è lecito, né conviene. A nessuna,
nemmeno alla madre badessa, sia lecito avere al proprio servizio un’ancella
personale; ma se fosse necessario, riceva in sua aiuto una delle più giovani.
V. Se è
possibile, nel monastero si accolgano difficilmente o per niente le bambine
piccole, se non dai sei o sette anni, in modo che possano già imparare a
leggere e scrivere e a mettere in pratica l’obbedienza. Non si accolgano
assolutamente le figlie di nobili o non nobili ricevano assolutamente figlie,
sia di nobili sia di non nobili, da assistere o da istruire.
VI. Nessuna scelga
di svolgere secondo il suo capriccio un lavoro o un'attività; ma spetterà al
parere dell'anziana di ordinare ciò che troverà utile.
VII. A nessuna sia
concesso di scegliersi un alloggio privato né di avere una camera o un
armadietto o simile che si possa chiudere a chiave per uso esclusivo; ma tutte
stiano in letti separati dentro un unico locale. Riguardo a quelle che sono
anziane o malate, è bene prestare attenzione e disporre che non abbiano ognuna
la propria cella, ma che si riuniscano tutte in una sola e qui risiedano.
VIII. Non parli mai
ad alta voce, secondo ciò che disse l'Apostolo: “Scompaiano da voi ogni
(asprezza, sdegno, ira,) grida” (Ef 4,31). Similmente, mentre si salmeggia, non
sia assolutamente consentito chiacchierare né lavorare.
IX. Nessuna si
permetta di tenere a battesimo i figli né di un ricco né di un povero.
X. Dato il segnale
dell'ufficio divino o del lavoro, colei che arriverà in ritardo subirà, come è
giusto, un rimprovero. Che se, ammonita una seconda e una terza volta, non avrà
voluto correggersi, sia tenuta in disparte dalla preghiera o dal refettorio.
XI. Colei che
viene ammonita, castigata, rimproverata per qualsiasi colpa, non osi affatto
rispondere a chi la rimprovera; se poi non vorrà eseguire ciò che le è stato
ordinato, sarà lasciata fuori dalla preghiera comune o dalla mensa a seconda
del tipo di colpa.
XII. Quelle che
lavorano in cucina, ricevano ognuna un bicchiere in più di vino puro per la
loro fatica. In ogni servizio fisico, sia in cucina come per tutto ciò che
serve alle necessità quotidiane, tutte (le sorelle) devono alternarsi, tranne
la madre badessa e la priora.
XIII. Durante le
veglie, per evitare che (le sorelle) si assopiscano per l’inattività,
svolgano un’attività che non distragga
la mente dall'ascolto delle letture. Se qualcuna è gravata dal sonno, la si
inviti a rimanere in piedi tra le sorelle sedute, affinché possa tener lontana
da sé l’indolenza del sonno e non sia trovata tiepida o negligente nell'Opera
di Dio.
XIV. Anche nel lavoro
di filatura ricevano ogni giorno con umiltà la quantità di lana assegnata a
ciascuna e facciano a gara per compiere il lavoro con grande operosità.
XV. Nessuna
consideri qualcosa come di sua proprietà, sia per il vestiario sia per
qualunque altra cosa.
XVI. Nessuna faccia
alcunché mormorando, per non perire
nella stessa condanna dei mormoratori, secondo quanto dice l'Apostolo: “Fate
tutto senza mormorare” (Fil 2,14). 2. Tutte obbediscano alla madre badessa dopo
Dio, siano rispettose verso la priora. Quando siedono a mensa stiano in
silenzio; e volgano l’animo alla lettura. Quando poi cesserà la lettura, non
venga meno la sacra meditazione nel cuore. Se però ci fosse qualche necessità,
se ne prenda carico chi è incaricata della mensa, ma si chieda ciò che
serve piuttosto con un cenno che con la
voce. Non sia soltanto la vostra bocca a prendere il cibo, ma anche le orecchie
ascoltino la parola di Dio.
XVII. Tutte imparino
a leggere e a scrivere; in ogni stagione siano dedicate quotidianamente due ore
alla lettura, cioè dal sorgere del sole fino all'ora seconda.
XVIII. Invece nel
tempo rimanente della giornata facciano il proprio lavoro, e non perdano tempo
in chiacchiere, secondo ciò che disse l'Apostolo: “Lavorando in silenzio” (2 Ts
3,12) ; ed ancora: “Nel molto parlare non manca la colpa” (Pr 10,19). Per
questa motivo dovete parlare esclusivamente di ciò che riguarda l'edificazione
o l’utilità dell’anima. Quando però lo esige la necessità del lavoro, allora
parlino. Invece, mentre le altre lavorano insieme, una delle sorelle legga fino
all'ora terza, nel tempo rimanente non
si interrompa la meditazione della parola di Dio e la preghiera interiore.
Abbiate “un cuore solo e un’anima sola” nel Signore, “Fra voi tutto sia
comune”; infatti così si legge negli Atti degli apostoli: “Fra loro tutto era
comune... veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno” (At 4,32:35).
XIX. Quelle che
possiedono qualcosa nel mondo, quando entrano in monastero con umiltà lo
offrano alla madre badessa, affinché sia utile alle necessità comuni. E quelle
che non possiedono nulla, non cerchino in monastero quelle cose che non
poterono avere neanche fuori. Invece, le altre che nel mondo mostravano di
possedere qualcosa, non disprezzino le loro sorelle che vennero a questa santa
fraternità da una condizione di povertà, né si insuperbiscano dei loro averi,
offerti al monastero, come se ne usufruissero ancora nel mondo. A che serve
distribuire (i propri averi), e farsi povero donando ai poveri, se la misera
anima si gonfia di superbia diabolica? Vivete dunque tutte in unanimità e
concordia, e ognuna onori nell’altra Dio, di cui avete meritato di essere
tempio. Perseverate senza interruzione nella preghiera, secondo ciò che dice il
Vangelo: ”Vegliate in ogni momento pregando” (Lc 21,36) per essere ritenuti
degni; e l'Apostolo: “pregate ininterrottamente” (1 Ts 5,17).
XX. Quando invece
pregate Dio con salmi ed inni, riflettete nel cuore ciò che pronunciate con la
voce. Qualsiasi lavoro compiate, quando non state leggendo, meditate sempre
qualcosa delle Sacre Scritture. Le sorelle inferme devono essere trattate in
modo che guariscano il prima possibile ma, quando avranno ricuperato la
vitalità di prima, ritornino alla più salutare consuetudine dell'astinenza. Il
vostro abito non sia appariscente, e non cercate di piacere per come siete
vestite, ma per il vostro contegno, come conviene alle vostre intenzioni (di
vita).
XXI. Non scaturisca
in voi, per istigazione diabolica, nessuna concupiscenza degli occhi verso un
qualunque uomo; non dite di avere pensieri puri, se avete impudichi gli occhi,
perché l'occhio impuro è sintomo di un cuore impuro. E colei che guarda un uomo
in modo malizioso non deve credere di non essere vista da altri, quando fa
questo; senza dubbio è vista da chi non credeva di essere guardata. Ma eccola
nascosta, tanto da non essere vista da nessun uomo, come farà con colui che
scruta dall'alto e al quale non ci si può nascondere per niente? Tema dunque di
dispiacere a Dio, abbia in animo di non piacere all'uomo in modo malvagio.
Quando dunque siete insieme, se arriva l'intendente del monastero o qualche
uomo insieme con lui, custodite a vicenda la vostra riservatezza. Infatti, il
Signore che abita in voi vi custodisce anche in questo modo.
XXII. Se poi vedrete
qualcuna agire in modo più sfacciato di quanto sarebbe bene, riprendetela in
segreto, come sorella; se non vuol ascoltare, informate la madre badessa; e non
si pensi che voi siete maldicenti, quando rivelate ciò con onesto pensiero:
infatti, siete maggiormente colpevoli e vi rendete complici dello stesso
peccato se, col vostro silenzio,lasciate perire la vostra sorella, mentre
avreste potuto correggerla con la punizione. Se infatti avesse nel corpo una
freccia o fosse stata morsa da un serpente e volesse occultare il fatto per
paura di essere operata, non sarebbe crudele il tacere e misericordioso lo
svelare la cosa? Quanto più dovete manifestare le istigazioni del diavolo e le
sue insidie, affinché la lacerazione del peccato non diventi più grave nel
cuore, né il male della concupiscenza trovi più a lungo alimento nell'animo. E
fate ciò con amore per le sorelle ed in odio ai vizi.
XXIII. Chiunque poi,
Dio non voglia, si sia spinta così tanto nel male da ricevere di nascosto
lettere o qualsivoglia messaggio o piccolo dono; se lo confesserà da sé, meriti
indulgenza e si preghi per lei; se invece sarà scoperta nel nasconderlo o
dimostrata colpevole, sia gravemente punita secondo le regole del monastero.
Soggiaccia ad un simile rigore anche colei che abbia osato con sacrilega
presunzione recapitare a chiunque lettere o piccoli doni; tuttavia se qualcuna,
per affetto verso i genitori o per qualunque rapporto di familiarità, volesse
far pervenire un pane benedetto, si consigli con la madre badessa; e se la
stessa lo permetterà, lo dia tramite le
portinaie, ed esse lo trasmettano a suo nome a chi vorrà: la stessa sorella non
presuma di dare o di ricevere qualcosa per conto suo, senza la priora o la
portinaia.
XXIV. Non solo non si dovrebbe pensare, ma neppure
assolutamente credere che le vergini si possano offendere con aspre maldicenze
ed insulti; tuttavia se per caso, a causa dell'umana fragilità, alcune delle
sorelle, per istigazione del demonio, osassero cadere in tanta indecenza da
commettere persino un furto o di mettersi le mani addosso, è giusto che
subiscano la punizione prevista coloro che avranno violato le norme della
Regola. Infatti, è necessario che si realizzi in loro ciò che lo Spirito Santo
prescrisse riguardo ai figli indisciplinati, per bocca di Salomone: “Chi ama il
proprio figlio usa spesso la frusta per lui” (Sir 30,1) E ancora: “Se lo
percuoti con il bastone, lo salverai dal regno dei morti “ (Pr 23,14) Ricevano
questa punizione alla presenza della Comunità conforme al detto dell'Apostolo:
“Quelli poi che risultano colpevoli, rimproverali alla presenza di tutti” (1 Tm
5,20).
una anziana badessa ortodossa in abito completo
XXV. E poiché la
madre badessa del monastero deve prendersi cura della salvezza delle anime e
deve sempre pensare, con il piccolo patrimonio del monastero, a ciò che occorre
per le necessità del corpo. Inoltre deve accogliere premurosamente i visitatori
e rispondere alle lettere di fedeli di ogni tipo; competerà alla sollecitudine
della priora e dell’addetta alla distribuzione della lana di curare la lavorazione
della lana, onde si procurino alle sante sorelle i vestiti. Grazie al loro
lavoro, con zelo e amore di Dio, si preparino tanto accuratamente tutti i
vestiti che sono necessari, in modo che ogni volta che occorrono alle sante
sorelle, (la madre badessa) li distribuisca con santa discrezione.
XXVI. Pertanto si facciano questi abiti nel
monastero con tanta operosità in modo che la badessa non debba mai comperarne
fuori del monastero. E non spetterà a voi stabilire quale indumento vi viene
assegnato in conformità della stagione. Se poi a causa di ciò nascono tra voi
contrasti e mormorazioni – se per caso alcune di voi riceveranno qualcosa di
meno adatto di ciò che avevano prima- giudicate voi quanto sia difettoso quel
santo abito interiore del cuore, voi che mormorate per l'abito del corpo.
Tuttavia se la vostra inadeguatezza viene tollerata, in modo che abbiate più di
quanto esige la necessità quotidiana, riponete quello che avete ricevuto in un
unico posto custodito in comune, e la tesoriera tenga le chiavi dei vostri
cofanetti ed armadietti.
XXVII. Nessuna si
dedichi a qualche lavoro per sé, a meno che la badessa glielo abbia prescritto
o permesso; bensì tutti i vostri lavori siano eseguiti in comune, con così
santo scrupolo e così fervorosa alacrità come se faceste qualcosa di esclusivo
per voi.
XXVIII. Alla dispensa,
alla portineria e al laboratorio della lana siano destinate dall'anziana non
coloro che considerano i desideri di alcune, ma i bisogni di tutte con timore
di Dio, e perciò nessuna delle sorelle si azzardi a riporre o ad avere presso
il letto qualcosa da mangiare o da bere. Inoltre, chiunque abbia fatto ciò,
subisca una gravissima penitenza. Innanzitutto vi scongiuro, davanti a Dio ed
ai suoi angeli, che nessuna delle sorelle compri del vino o lo riceva di
nascosto da chiunque lo mandi; se però fosse inviato, le portinaie lo prendano
alla presenza della madre badessa o della priora e lo consegnino alla
cantiniera; e tramite suo, secondo la prescrizione della Regola, sia dispensato
alla sorella a cui fu inviato, nella misura che conviene alla sua infermità. E
poiché di solito succede che la dispensa del monastero non abbia sempre del
buon vino, spetterà alla solerzia della santa badessa di procurare un vino tale
che possa essere assaggiato dalle ammalate o da quelle che vengono cibate in
modo più delicato.
XXIX. Si neghino il
meno possibile anche i bagni, quando lo richiede l’infermità; ma lo si faccia
senza mormorazioni dietro parere medico così che, se anche la malata non vuole
fare il bagno, faccia per ordine dell'anziana ciò che è necessario per la
salute. Se invece non vi è costretta da alcuna infermità, non si assecondi la
sua voglia.
XXX. La cura delle
ammalate o di coloro che soffrono di qualche infermità deve essere affidata ad
una sorella molto diligente ed affidabile, che chieda alla dispensa ciò che
intuisca essere necessario, e la si deve scegliere tale che custodisca
l'austerità monastica e serva con dolcezza le inferme. E se la necessità delle
inferme lo esige, e sarà ritenuto giusto dalla madre del monastero, le malate
abbiano anche una loro piccola dispensa e una cucina comune. Quelle che sono
responsabili della dispensa, o della cantina o del vestiario o della biblioteca
o della portineria o del laboratorio della lana, ricevano le chiavi sopra il
Vangelo, e servano tutte le altre senza mormorare. Se poi qualcuna crederà di
poter utilizzare o custodire con negligenza le vesti, le scarpe e gli utensili,
le sarà data una severa punizione, come cattivo amministratore dei beni del monastero.
XXXI. Non vi sia
nessuna litigio, secondo il detto dell'Apostolo: “Un servo del Signore non deve
essere litigioso” (2 Tm 2,24) e ancora: “Astieniti dalle risse e diminuirai i
peccati” (Sir 28,8), ma se ci fossero, finiscano il più presto possibile,
affinché l'ira non degeneri in odio, e la pagliuzza non diventi una trave, e
l'anima non diventi omicida; infatti così leggete: “Chiunque odia il proprio
fratello è omicida” (1 Gv 3,15) e: “alzando al cielo mani pure, senza collera e
senza polemiche” (1 Tm 2,8). Chiunque abbia offeso una sua sorella con offese,
maldicenze o anche per accusare di un sopruso, si ricordi di espiare la colpa
dandole soddisfazione. Se osasse ricadere nello stesso peccato, sia colpita con
la più severa punizione, finché meriti di essere riconciliata riconoscendo il
proprio errore. Le giovani in particolare rispettino le anziane. Se però
qualcuna per qualsiasi motivo sia stata scomunicata, viva separata dalla
comunità nel luogo che la badessa avrà comandato, con una delle sorelle
spirituali, fino a che, dopo umile pentimento, riceva il perdono. Se poi, come
suole succedere, per istigazione del demonio, si offenderanno a vicenda,
dovranno chiedersi perdono a vicenda e rimettersi i debiti, grazie alle
preghiere che devono essere in modo particolare quanto più assidue, tanto più
pure. E se colei a cui è chiesto il perdono non vuole perdonare alla sua
sorella, sia rimossa dalla comunità e tema quello (che è scritto): “se voi non
perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe” (Mt
6,15). A sua volta chi non vuole mai chiedere scusa o non la chiede col cuore,
oppure non perdona se glielo si chiede, dimostra non aver motivo di stare in
monastero. Trattenetevi dunque da parole troppo dure; se vi fossero scappate,
non vi dispiaccia di fare uscire il medicamento da quella stessa bocca con cui
sono state fatte le ferite.
Quando poi la necessità della disciplina
costringe voi priore, per correggere le cattive abitudini, a dire parole dure,
anche se per caso nel farlo vi sentite di aver superato il limite, da voi non
si esige che pretendiate perdono; affinché non succeda che, presso coloro che devono
essere obbedienti, venga danneggiata l'autorità del comando nel praticare
troppo l'umiltà. Ma tuttavia dovete chiedere perdono di tutte loro al Signore,
che sa anche con quanta benevolenza amiate quelle che più rimproverate con
ragione.
XXXII. Obbedite senza
mormorare alla madre badessa che si prende cura di tutte voi e alla priora,
perché in loro non sia contristata la carità. Esse poi che vi governano,
cerchino di custodire con carità e vera pietà la discrezione e la Regola. Diano
loro stesse esempio di ben agire nei riguardi di tutte: riprendano le indocili,
confortino le timide, sostengano le fragili, pensando sempre che di voi
dovranno rendere conto a Dio; per questo anche voi, con l'obbedire ancor più
santamente, fate opera di misericordia non solo a voi, ma anche a loro: poiché
quanto appaiono superiori tra voi per disposizione, tanto si trovano in maggior
pericolo. Perciò non solo alla madre badessa, ma anche alla priora, alla
precettrice o alla maestra (delle novizie) obbedite umilmente con reverenza.
XXXIII. Innanzitutto,
per conservare la vostra reputazione, nessun uomo entri nella parte più interna
del monastero e negli oratori, eccetto i vescovi, l'intendente e il sacerdote,
diacono e suddiacono, uno o due lettori, fidati per età e per modo di vita, che
alcune volte devono celebrare la Messa. Quando poi si devono rinnovare i tetti
o aggiustare porte o finestre o riparare qualcosa di simile, per effettuare il
lavoro entrino soltanto gli operai e gli aiutanti insieme all'intendente, se lo
esige la necessità; ma neppure essi senza che la madre badessa lo sappia e lo
permetta. Inoltre, lo stesso intendente non entri nella parte interna del
monastero se non per questi servizi che abbiamo sopra descritto; e non lo
faccia mai o raramente senza che ci sia la badessa o un’altra irreprensibile
testimone: in modo che le (sorelle) consacrate mantengano la loro intimità,
come si addice e conviene.
XXXIV. Allo stesso
modo sia proibito di entrare anche alle donne secolari sposate, o alle
ragazze e alle altre donne ancora in
abito laico.
XXXV. Si rispetti la
regola che la badessa non vada ad incontrare gente in parlatorio senza il
riguardo che le spetta, cioè senza due o tre sorelle. I vescovi, gli abati o
gli altri religiosi, fidati per l’età avanzata, se lo chiedono, devono poter
entrare nell'oratorio per pregare. Si presti inoltre attenzione a che la porta
del monastero resti aperta ai visitatori in ore opportune.
XXXVI. Non allestite
mai pranzi, né in monastero né fuori monastero, neppure a queste persone, cioè
a vescovi, abati, monaci, ecclesiastici, uomini secolari, donne in abito
secolare, nemmeno ai parenti della badessa o di alcuna monaca: né si offra il
pranzo al vescovo di questa città e nemmeno all'intendente del monastero
stesso. Ed inoltre neanche ad una religiosa della città, a meno che si abbiano
relazioni importanti (con loro) e che siano molto devote al monastero; ma ciò
avvenga molto di rado. Ma se una donna viene da un'altra città per vedere la
propria figlia, o a visitare il monastero, se si tratta di una religiosa e
sembrerà opportuno alla badessa, la si deve invitare a pranzo; le altre
assolutamente mai, perché le sante vergini e le persone votate a Dio devono
piuttosto vivere per il Cristo e pregare per tutto il popolo, e non preparare
pranzi per il corpo.
XXXVII. Se però
qualcuna vorrà vedere sua sorella, o figlia, o qualsiasi parente o conoscente,
non le si neghi il colloquio, alla presenza della maestra (delle novizie) o di
un'anziana qualsiasi.
XXXVIII. La badessa in
ogni caso non mangi fuori dalla Comunità, se non per qualcosa di straordinario,
o per malattia, o per un impegno improrogabile.
XXIX. Di questo
soprattutto ammonisco e scongiuro – te,
o santa madre e te, venerabile priora, chiunque tu sia, e poi chiunque deve
assistere le malate e anche la precettrice e la maestra (delle novizie) -
controllate attentamente se ci sono alcune fra le sorelle le quali, essendo
abituate a nutrirsi in modo più delicato o forse perché soffrono spesso a causa
di un stomaco debole, non possono fare astinenza come le altre o comunque
digiunano con grande fatica. E se esse per timidezza non osano chiedere, siate
voi a comandare alle cellerarie di servirle e a ordinare loro di accettare. E
stiano ben certe che qualunque cosa ricevano a qualsiasi ora per mano o per
ordine dell'anziana, in quel conforto ricevono Cristo. La celleraria poi e
colei che deve servire le inferme, saranno segnalate al cospetto di Dio e degli
angeli per la cura e lo zelo nei loro confronti, più che per ogni altra sollecitudine.
Raccomando anche ciò: che per evitare troppo subbuglio non si facciano
quotidiane o continue elemosine alla porta del monastero, ma la badessa faccia
dispensare ai poveri, per il tramite dell'intendente, quel che Dio concede,
purché ne rimanga per le necessità del monastero.
XL. Innanzitutto,
se qualcuno consegna o invia vestiti o qualunque altra cosa alla propria figlia
o a una (sorella) con cui abbia qualche relazione di parentela, si badi a che
non si prendano di nascosto: per questo motivo supplico, in nome di Dio e dei
suoi angeli, che tutte quelle che sorvegliano la portineria non permettano che
nulla sia dato da dentro il monastero, né consentano che dall’esterno sia
ricevuto qualcosa nel monastero senza che lo sappia la badessa e che abbia dato
il suo consenso. Tuttavia se la badessa, come succede, sarà occupata con dei
visitatori, le portinaie mostrino alla priora qualunque cosa venga offerta. E se trascureranno di osservare
questa regola, sia le portinaie che lo permettono, sia le sorelle che ricevono,
non solo subiranno i più gravi rigori del monastero, ma sappiano che renderanno
conto con me davanti a Dio in merito alla trasgressione della santa Regola.
Certamente l'oggetto recapitato lo tenga lei, se le occorre per suo uso; se invece non le
manca nulla, resti a disposizione comune e lo si offra a chi ne ha bisogno,
secondo quel comando del Signore: “Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha”
(Lc 3,11).
Anche gli abiti stessi, quando ne
ricevono di nuovi, se non hanno bisogno di quelli vecchi, li rendano alla
badessa perché siano distribuiti alle sorelle povere o alle novizie o alle più
giovani. Inoltre (le sorelle) abbiano tutte le vesti solo di un colore semplice
e discreto, mai troppo scure, mai vistose, ma soltanto bianco opaco o colore
del latte e (queste vesti) siano accuratamente preparate in monastero dalla
priora e a cura della lanaiola, e siano consegnate dalla madre badessa del
monastero, secondo la ragionevole necessità di ciascuna.
XLI. In monastero
non si faccia nessun’altra tintura se non, come detto prima, colore bianco
opaco e bianco latte: perché all'umiltà di vergini non conviene altro. Anche le
coperte dei letti siano semplici, perché è sicuramente scorretto che sul letto
di una religiosa risplendano coperte eleganti o copriletti ricamati. Non
abbiate argenterie a vostro uso, tranne che per gli arredi dell'oratorio.
XLII. Non si
confezionino mai in monastero né stoffe decorate, né con ricami, né tessuti
variopinti o tappeti od ornamenti (pregiati). Anche i paramenti stessi
nell’oratorio del monastero devono essere semplici, mai ricamati a colori, mai
interamente di seta; e null’altro vi si aggiunga se non croci, o nere o bianco
latte, solamente in panno o in lino. Neanche si devono appendere tendaggi
incerati, né attaccare quadri, né affrescare pitture sulle pareti o sui
soffitti: perché nel monastero deve stare non quello che piace agli occhi
terreni, , ma soltanto quello che è gradito agli occhi spirituali. Se poi
saranno conferiti al monastero, da voi o da alcuno dei fedeli, dei paramenti,
siano venduti per sostenere le necessità del monastero o siano assegnati alla
Basilica di Santa Maria, se ce ne fosse bisogno. Non si eseguano mai ricami, se
non nei fazzoletti e negli asciugamani,
dietro ordine della badessa.
Nessuna di voi osi ricevere, senza
l’ordine della badessa, vesti di chierici o di laici, né di parenti o di
qualsiasi estraneo, sia uomo che donna, da lavare, da cucire o da riadattare o
da tingere; e ciò per evitare che, a causa di questa familiarità incauta e
nemica della dignità, possa essere leso il buon nome del monastero. Inoltre,
ogni sorella che non vorrà osservare ciò, sia sottoposta alla disciplina del
monastero, come se avesse commesso una (grave) mancanza.
XLIII. Te poi, santa
e venerabile madre del monastero, e te priora della santa Comunità, esorto e
scongiuro davanti e Dio ed ai suoi angeli, che mai minacce o critiche o
lusinghe di alcuno fiacchino il vostro animo, tanto da sminuire l’insegnamento
della santa e spirituale Regola. Credo tuttavia che, per misericordia di Dio,
non incorrerete in peccato per qualche negligenza, ma potrete felicemente
pervenire all'eterna beatitudine, grazie
all’obbedienza santa e gradita a Dio.
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