Il deserto di Cristo ( San Gregorio Magno )

L’uomo, creato forte, ma miseramente sconfitto dall’avversario, nella lotta non si mostro uomo, come gli era stato dato di essere. E così, benché fosse stato creato forte, non poteva la natura umana condannata tener testa al nemico vincitore, se questa natura non fosse stata assunta da colui che era al di sopra degli uomini. E così il nostro Creatore si fece nostro campione nella lotta. Ma se si considera la forza che dimostrò, risulta che è stato un uomo. Egli assunse la nostra natura, che diventando in lui vittoriosa, ritrovò la nobiltà con cui era stata creata e nel Redentore la debolezza di questa natura si cambiò in forza, mentre in Adamo la sua forza si era cambiata in debolezza.
 Nel deserto, mentre digiunava, si accostò a lui il tentatore, il quale, riprendendo in mano le armi che l’avevano reso vittorioso, scagliò contro di lui le frecce della gola, dell’orgoglio e della superbia, ma in tutto trovò il lui una resistenza invincibile. Con la vittoria rifulse dunque come uomo, poiché vinse il forte angelo ribelle, già vittorioso, affrontandolo, non con la potenza della sua divinità, bensì con la debolezza della sua umanità. Egli, uomo, in questo mondo scacciò l’antico avversario e con la sua morte lo incatenò nell’inferno. E poiché, dopo aver spezzato con la sua morte la potenza dell’inferno, ci ha aperto con la sua risurrezione l’ingresso all’eternità, ci ha mostrato la grandezza della sua forza, non solo vivendo, ma altresì morendo e risorgendo.

Da: Commento al Primo Libro dei Re, 1,1 - San Gregorio Magno, papa di Roma e patriarca d'Occidente 

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