Nella Chiesa Ortodossa la Monarchia è l'unica forma di governo benedetta da Dio. Scopriamo dunque i fondamenti biblici e dogmatici, oltreché storici, che hanno determinato l'unzione dei Re cristiani.
Nell’Antico Testamento sono
distintamente indicati i casi in cui impiegare il rito dell’unzione con Olio santo. A coloro che ricevevano l’unzione sacra
era sempre associata una missione pubblica religiosa, in conformità colla
concezione teocratica che era a fondamento della vita del popolo eletto. Così erano unti
i Sommi Sacerdoti, i Profeti ed i Re. La legislazione mosaica, per divina
disposizione, associò, infatti, la funzione del Sommo Sacerdozio ad una particolare
famiglia della tribù di Levi. La discendenza d’Aronne, fratello di Mosè, si trasmise
di primogenito in primogenito la carica del Sommo Pontificato fino ai tempi di Gesù
Cristo. Al Sacerdozio era affidato l’onore e l’onere del culto pubblico secondo una
complessa liturgia rivelata da Dio a Mosé. Aronne, quindi, investito di tale
importantissima missione, fu il primo Sommo Sacerdote ad essere unto:
Versando [Mosè] poi l’olio sul capo
d’Aronne,
Lo unse e lo consacrò. (Lev. VIII, 12)
E gli verserai sul capo l’olio della
consacrazione.
Con questo rito sarà consacrato. (Esodo,
XXIX, 7)
Nel libro dell’Esodo (XXIX, 22-30) erano
inoltre date prescrizioni minute circa la composizione dell’olio delle
consacrazioni. Non si trattava di semplice olio
d’oliva, ma una mistura di questo con balsamo aromatico. Era il crisma, ancor’oggi
impiegato nella consacrazione dei Vescovi, nell’amministrazione del sacramento della Cresima e nei riti
accessori del Battesimo. I Profeti dell’Antico Testamento erano
pure unti. A costoro, eletti direttamente da Dio, era solitamente affidata la
missione d’incarnare in tutta la sua purezza la rigorosa morale della religione
monoteistica, di contro ai pericoli sempre insorgenti dell’idolatria e del politeismo. Tale eccezionale mandato li spingeva
sovente ad intervenire nelle vicende politico-religiose del popolo eletto, per
guidare, ammonire, richiamare, talora anche impiegando poteri taumaturgici soprannaturali e una
sovrannaturale facoltà di predire gli eventi futuri della nazione ebraica. Dell’unzione dei profeti abbiamo almeno
una prova nel III libro dei Re, XIX, 16. Dio, rivolgendosi ad Elia, che è
ormai giunto alla conclusione del suo compito profetico, gli intima di cercarsi
un successore, e così gli dice:
Eliseo, figlio di Safat di Abelmeula
ungerai profeta in vece tua.
Da ultimo, con lo stabilirsi della
monarchia sacra in Israele, dopo il periodo dei Giudici, ecco infine l’unzione dei
Re. Così, infatti, è narrata nel I Libro dei
Re, X, 1, l’unzione e consacrazione di Saul, primo sovrano d’Israele:
Presa allora Samuele un’ampollina
d’olio, la versò sul capo di Saul,
poi baciatolo gli disse: Ecco il Signore
ti ha unto come principe della sua
eredità e tu
libererai il suo popolo dai nemici che
gli stanno attorno.
In questo versetto è descritto nella sua
essenzialità il rito della Consacrazione regale, così come poi fu restaurato in
epoca cristiana. Come ricorda Mons. Antonio Martini, Arcivescovo di Firenze, nel suo
celebre commento alla Sacra Scrittura, i SS. Padri ritenevano che l’olio impiegato
dal profeta Samuele fosse il medesimo che per la consacrazione dei Sommi
Sacerdoti d’Israele, ovvero il sacro Crisma, il più prezioso fra gli unguenti
liturgici. Come per il Sacerdote, anche per il
Sovrano il sacro crisma è versato sul capo, la parte più nobile del corpo umano. Il
monarca riceve poi il bacio di pace del consacrante. Il bacio fin
dall'antichità remota era uno dei segni di deferenza e vassallaggio. Saul tuttavia fu riprovato e Dio impose a
Samuele di trovargli un sostituto. Questi fu Davide, ultimo figlio di Isai,
betlemita della tribù di Giuda, da cui doveva discendere Gesù Cristo. Davide
pure fu unto dal Profeta e «da quel giorno lo spirito di Dio fu in lui» (I Re,
XVI, 13).
La Sacra Scrittura inoltre, narrando
alcuni episodi della vita del Re Davide, indugia a rilevare quanto sincera e profonda dev'essere la venerazione nei confronti dell’Unto eletto dal Dio degli Eserciti, anche nel
caso di un monarca che, come Saul, era stato riprovato per il suo empio
comportamento. Nel I Libro dei Re, infatti, si snoda la
rovinosa parabola del primo monarca israelita che, insuperbitosi per l’alto
onore cui era stato elevato, commise i più nefandi misfatti. Anziché
abbandonarsi totalmente e con fiducia alla potenza di Dio, in un momento di
difficoltà ricorse all'espediente immorale della negromanzia per vaticinare gli
avvenimenti futuri, macchiandosi di un gravissimo delitto che infrangeva il
primo e più sacro dei comandamenti della Legge: «Non avrai altro Dio all'infuori di me», e rappresentava una vera e propria apostasia. Di qui la
riprovazione divina. Nel suo tralignamento, costellato da pentimenti poco
sinceri e sempre più gravi cadute, il Sovrano si diede a perseguitare il
giovane figlio di Isai, di cui invidiava le belle virtù, l’ascendente sul
popolo e le doti di coraggioso guerriero. Davide così abbandonò di nascosto e
in tutta fretta la corte e si nascose con un pugno di fidi amici in luoghi
inaccessibili, braccato da presso dal Sovrano incollerito. In almeno due
circostanze, tuttavia, Davide si trovò nella possibilità di assassinare il
rivale, spianandosi così d’un colpo la via al trono che già Dio gli aveva
assicurato.
Una prima volta, Davide, celatosi in una
caverna, riuscì addirittura a tagliare con la spada un lembo del mantello del
Re:
Davide allora si levò e tagliò un lembo
del mantello di Saul. Dopo di che Davide
ebbe rimorso al pensiero di aver
tagliato
il lembo del mantello di Saul e disse ai
suoi: Dio mi sia propizio affinché io
non abbia a fare una simile cosa al mio
signore,
l’Unto del Signore, di alzar la mano
contro
di lui, perché è l’Unto del Signore
(I Libro dei Re, XXIV, 5-7)
Una seconda volta, il giovane,
accompagnato dal valente Abisai, figlio di una sua sorella, penetra nottetempo
nell’accampamento di Saul e lo sorprende nel sonno. Abisai lo incita ad approfittare di
quella favorevole situazione, per sbarazzarsi in modo definitivo del suo mortale nemico:
Davide però disse ad Abisai:
Non ucciderlo; infatti chi può mai
stendere
la mano sull’Unto del Signore
ed essere innocente (I Libro dei Re,
XXVI, 7-9).
L’unzione col santo crisma, quindi,
nella concezione vetero-testamentaria, dà alla persona che n’è investita una
distinzione particolare di sacralità, ossia indica una speciale appartenenza a
Dio, in proporzione della sacra funzione che riveste. L’olio d’oliva e il
balsamo sono i mezzi materiali che indicano tale speciale dedizione al servizio
divino. L’uno significa, sia la forza soprannaturale di cui si riveste il
consacrato “poiché un tempo coll’olio si ungevano gli atleti”, sia lo
“splendore di una buona coscienza espresso dalla
limpidezza dell’olio”, sia, infine, “la pienezza di grazia, poiché l’olio, essendo pingue e
fluente, esprime l’abbondanza della grazia, che ridonda da Cristo capo su tutti
gli altri” (1)
Il balsamo invece, è emblema della virtù
che profuma i santi e che li rende gradevoli dinnanzi a Dio e dinnanzi agli
uomini. Tutta
la storia d’Israele è allora la vicenda dell’attesa fiduciosa e incrollabile di
un misterioso Unto, di cui i testi ispirati andarono via via precisando i
sublimi e divini lineamenti, profezie che si compirono mirabilmente in Gesù
detto il Cristo, il
Messia d’Israele.
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Note.
1. Ad. Tanquerey, Synopsis Theologiae
Dogmaticae, t. III, Desclée et soci, Parisiis-Tornaci (Belg.)-Romae, 1945, pp.
395-396, n. 564. “Per illum [oleum] significantur: 1) robur [..] quia oleo
athletae olim ungebantur; 2) nitor bonae conscientiae limpiditate olei
expressus; 3) gratiae plenitudo:
oleo enim, cum pingue sit et fluens,
gratiae abundantiam exprimit, quae a Cristo capite in alios redundat.”
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