Il Sinodo di Pistoia: una fallita Chiesa Nazionale Toscana (Storia della Chiesa)

Breve sguardo sul Settecento europeo dal punto di vista religioso

Il XVIII secolo, si sa, fu in Occidente il periodo della Chiese Nazionali in contrasto con Roma: il movimento giansenista aveva conquistato le simpatie dell'alto clero olandese, il quale nel 1723 proclamò la Chiesa dei Paesi Bassi come "indipendente" da Roma, generando la Chiesa Madre di Utrecht, base di quella che in futuro sarà "l'Unione vetero-cattolica di Utrecht". Movimenti simili di indipendenza da Roma nacquero come focolai in tutte le realtà europee, soprattutto in Francia ove il cosiddetto Gallicanesimo imperversava con l'appoggio del clero medio-alto e l'assenso della corte regia. L'Anglicanesimo era del resto la musa ispiratrice di questi movimenti curiali, che si fondavano tutti su un "ritorno all'antichità", specialmente contro lo strapotere papale, le male pratiche (tasse religiose, vendita di indulgenze) e contro le superstizioni della nuova epoca, in particolar modo la dottrina del Sacro Cuore.

 La Chiesa Ortodossa, cauterizzate le ferite della caduta di Costantinopoli (1453), subiva uno smacco pernicioso ad opera dello zar Pietro di Russia nel diciottesimo secolo: alla morte del patriarca di Mosca Adriano (+1700) fu inserito un locum tenens a vita, il "patriarca" Stefano di Rjazan, il quale visse fino al 1721. In quei vent'anni, Pietro riformò la Chiesa Ortodossa Russa dandole una struttura anglicaneggiante: lo Zar diventava la massima autorità religiosa e il patriarcato veniva abolito. Nel 1721 fu fondato il Grande Sinodo, con a capo il metropolita di Mosca, ma le cui decisioni venivano verificate e vidimate da un oberprokuror, un ufficiale di governo. Il metropolita di Mosca successivo a Stefano fu Giuseppe, e salì al trono metropolitano solo nel 1742. 

In questo clima inquieto si tenne un sinodo locale cattolico-romano a Pistoia, in Toscana, nel 1786. Ma prima, scopriamo chi ne fu il promulgatore. 

Scipione de' Ricci, l'idealista toscano 

Scipione de' Ricci (1740 - 1810) nacque in una famiglia di nobiltà fiorentina, e fin da piccolo fu messo in collegio dai Gesuiti a Roma, al fine di impartirgli una educazione consona al suo rango. Nel 1766 si laureava in Legge e veniva ordinato sacerdote a ventidue anni, avvicinandosi al movimento giansenista e divenendo sempre più avverso all'Ordine di Loyola, condannandone gli esercizi spirituali che considerava "nocivi". Negli anni successivi si dedicò alla vita di società, accattivandosi le simpatie di Pietro Leopoldo II Asburgo-Lorena, Granduca di Toscana,  attraverso la cui influenza ottenne l'episcopato della città di Pistoia nel 1780. Fin da subito si dedicò a riformare la diocesi, sopprimendo gli Ordini religiosi cattolici, contribuendo a contrastare il culto del Sacro-Cuore e riformando la Curia, ordinando parroci e destituendo sacerdoti di tendenze ultramontane (filo-papali). Riconsacrò molte chiese, dedicandole ai santi dei primi secoli: esemplare il convento di san Benedetto a Pistoia, che fu ribattezzato "San Leopoldo" nel 1782 in onore del Granduca, e che sarebbe dovuto diventare l'Accademia teologica di una sospirata "Chiesa Nazionale Toscana". Ormai, il vescovo Scipione era dichiaratamente "anti-papista" e cercava la comunione con la Chiesa di Utrecht: solamente l'appoggio ufficiale e fermo del Granduca - che aveva mire autocratiche - impedì al Vaticano di rimuoverlo dal suo incarico. Il Granduca Leopoldo, infatti, sperava segretamente di poter essere un sovrano di una Chiesa nazionale, visti i grandi privilegi che i monarchi ottenevano in quei casi, e si ispirava alla sinfonia dei poteri bizantina. L'attività di Scipione de' Ricci raggiunse il suo apice nel 1786, quando convocò un Sinodo locale.

Il Concilio di Pistoia (1786)



una antica litografia che ritrae l'evento.

Il vescovo Scipione de' Ricci, assieme al suo collaboratore il teologo giansenista Pietro Tamburini (+1827), convocò nel monastero di san Leopoldo a Pistoia un Sinodo nei giorni 19-28 settembre 1786. Il Sinodo coinvolse numerosi ecclesiastici toscani, e il suo più grave errore fu quello di impostarsi in funzione specificatamente anti-romana, piuttosto che riformatrice in sé. Dai decreti emanati dal Concilio (1) si desume che: 

A) La fede del Sinodo di Pistoia è tendenzialmente ortodossa con tendenze cattoliche: il culto del Sacro Cuore veniva bandito e dichiarato eretico, ritenuto tale perché divide l'adorazione delle nature di Cristo, separando l'umanità dalla sua divinità. 

B) La Chiesa: la Chiesa ha il compito di preservare il depositum fidei e la morale, la cui autorità (del deposito di fede) si basa sulla Tradizione ("sull'antichità degli usi"). Il papa sarebbe dunque solo un capo ministeriale (amministrativo) e non il Capo della Chiesa. 

C) Sulla Grazia e la predestinazione: tornare alla dottrina di sant'Agostino, abbandonando le discettazioni posteriori. 

D) Il Sinodo di Pistoia confermò i Sette Sacramenti, e in particolar modo decretò su:
1. Battesimo, da conferirsi entro 24 ore dalla nascita e congiuntamente alla Cresima, anche senza permesso dei genitori.

2. Eucarestia: si evitano discussioni sulla natura e l'essenza, ma non si parla mai di transubstanziazione, sebbene il Sinodo ribadisca la presenza reale: si abolisce la Comunione fuori dalla Messa, l'adorazione del Corpus Domini.

3. Riti. Si introducono le preghiere ad alta voce (contro i canoni di Trento) e la lingua volgare per tutte le celebrazioni liturgiche. Fu deciso di abolire l'uso degli altari laterali delle chiese, giacché sono una "invenzione moderna". 

4. Penitenza. I padri conciliari furono molto rigoristi sulla Confessione, seguendo il Ricci il quale addirittura pensava ad una sola confessione in punto di morte come base sacramentale.

5. Ordine. Il sinodo elogiò il Granduca Leopoldo per le sue riforme politiche, e confermò la prassi dell'Ordine Sacro su base tradizionale. Gli Ordini monastici, conventuali e mendicanti avrebbero dovuto essere definitivamente soppressi e tutti i frati, le suore e i monaci avrebbero dovuto abbracciare la Regola di san Benedetto. 

6. Sulla preghiera: vengono abolite come già detto tutte le nuove pratiche devozionali, in primis il Sacro-Cuore e la Via Crucis (chiamate "false"), le novene all'Immacolata, le devozioni comparse dopo il periodo scolastico (XIII secolo); il sinodo regola tutte le altre (come ad esempio la recita del Rosario) e fu fatta una lunga omelia contro le superstizioni legate alle immagini sacre e alla idolatria delle statue. 

7. Estrema Unzione. Il Sinodo combatte la pratica di concedere l'Unzione anche a coloro che non sono veramente malati terminali, e regola la dispensa di questo sacramento solo in punto di morte.

8. Culto Pubblico. Il sovrano doveva ricevere menzione in ogni rito, e scriverne uno apposito per la sua commemorazione; Il Placebo, l'officio dei morti, doveva tornare ad essere cantato (anche di domenica), si dovevano ridurre i devozionismi come le processioni e la recita di novene pubbliche, e le Feste dovevano essere trasferite nei calendari di domenica. 

9. Regolamento. Il Sinodo concluse specificando le competenze e le proclamazioni dei sinodi e delle riunioni. 

Il post-Concilio

Scipione de Ricci pensava di utilizzare questo Sinodo come base canonica per una futura Chiesa Nazionale Toscana, ma gran parte dell'episcopato toscano (ma non del basso clero) gli fu contro. La decisione di appoggiare le tesi gallicane del 1682 gli negò le simpatie dell'alto clero,  di tendenza ultramontana. Scipione subì perfino un assalto al suo palazzo vescovile di Prato, perché aveva osato mettere in discussione la veridicità della Sacra Cintura della Madre di Dio, che secondo i pratesi si trova in cattedrale (2). Come se non bastasse, nel 1790 il granduca Pietro Leopoldo diventò Imperatore d'Austria, lasciando Firenze. Privo del necessario appoggio politico, il vescovo Scipione si ritrovò pressoché solo. Nel 1791 lasciò la carica di vescovo. Nel 1794 papa Pio VI condannò le tesi del sinodo pistoiese tramite la bolla Auctorem Fidei. Nel 1799, Scipione venne chiamato a ritrattare le sue tesi ed egli non si sottomise al papa, relegandosi però in un auto-esilio nella sua villa di famiglia. Il prelato si ritirò a vita privata fino al 1805 quando sperò nell'intervento di Napoleone per tornare alla ribalta, ma l'Imperatore di Francia scelse la corona papale e allora nel 1805, ormai sconfitto dalla Storia, in un colloquio privato con Pio VII nella villa di Firenze, Scipione de Ricci abiurò la dottrina che aveva egli stesso affermato. Ritiratosi anche dal ministero pubblico, morì in solitudine nel 1810. 

Nota del blogger: giudichi il lettore da sé, se questo non era un buon seme
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FONTI E NOTE

La biografia completa di Scipione de Ricci in:

- Louis De Potter, Vie de Scipion de Ricci, eveque de Pistoie et Prato, Bruxelles 1825. 
- Agenore Gelli / Scipione de Ricci (parzialmente autobiografico), Memorie di Scipione de Ricci, vescovo di Prato e Pistoia, edizioni Le Monnier, Firenze 1865. 

Sulla attività pastorale:

- C. Lamioni, Lettere di vescovi e cardinali a Scipione de Ricci, Pistoia, società pistoiese di storia patria, 1988. 
- M. Verga e B. Bocchini Camaiani, Lettere di Scipione de Ricci al Granduca Pietro Leopoldo, Firenze, 1990. 

Una panoramica del Sinodo in:

C. Lamioni, Il sinodo di Pistoia del 1786, Herder edizioni, Roma 1991.

1) G. Moroni, Dizionario d'erudizione storico-ecclesiastica, vol. LIII, Venezia 1851, pag. 293-295

2) Anche il Monastero ortodosso di Vatopedi sul monte Athos reclama il possesso della Cintura della Vergine.






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