Perché la Bibbia dei Settanta è la vera Bibbia - 2° Parte

Continua dalla prima parte.

Ora, o i Cristiani hanno preso un abbaglio con tutte queste (e altre) citazioni profetiche (ma noi non lo crediamo, giusto?), oppure dobbiamo considerare proprio la Settanta come la versione che i cristiani dovrebbero adottare. Singolare che i protestanti in tutto vogliano imitare i primissimi Cristiani, basandosi esclusivamente sulle Scritture, fuggendo ogni testo estraneo, provando avversione per tutto ciò che devii – anche di poco – dalla prassi apostolica, e poi rifiutino la versione utilizzata dagli Apostoli stessi, dando credito a coloro che alimentarono la polemica anticristiana e che screditarono per questi motivi la Settanta. La versione che i protestanti utilizzano, tratta dal Testo Masoretico, è figlia del giudaismo anticristiano. 
Il discorso vale anche per il canone biblico: il concilio di Jamnia del 90 d.C (dove sarebbe stato stabilito il canone ebraico), infatti, è oramai considerato dagli studiosi un falso storico. In ogni caso, dalla discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli il giorno di Pentecoste, l'autorità divina è passata in mano ai Cristiani, gli unici autorizzati in materia di fede; non certamente gli Ebrei, che misero a morte il Messia preannunciato dai profeti, e decretarono apocrifi gli scritti del Nuovo Testamento. Che senso avrebbe, per quanto riguarda il canone biblico, considerare il supposto concilio di Jamnia, dal momento che esclusero gli scritti del Nuovo Testamento dal novero dei libri ispirati? Lo Spirito Santo si è diviso tra Cristiani e Giudei al momento di decretare il canone? La certezza è che nessuno dei Cristiani partecipò mai né ad un ipotetico concilio di Jamnia, né ad altri concili, eccetto ovviamente i propri, nei quali veglia in perpetuo lo Spirito Santo.

Secondo studi filologici, la stesura della Settanta si colloca attorno al II secolo a.C. e secondo la tradizione venne commissionata dal sovrano egizio Tolomeo II (III secolo a.C.). I manoscritti più antichi risalgono all'epoca stessa della stesura; manoscritti quasi completi risalgono invece al IV d.C. e sono i Codici Vaticano e Sinaitico. Inoltre, la scoperta dei papiri di Qumran, ha portato al ritrovamento di manoscritti di lingua ebraica e aramaica dei libri fino ad allora ritenuti scritti originariamente in greco. 
Il Testo Masoretico, invece, considerato dai Protestanti, è stato redatto da Ebrei vissuti dopo l'avvento del Cristianesimo – quindi ben posteriore rispetto Settanta – i quali sono andati alla ricerca di fonti che meno potessero sposarsi con le dottrine cristiane. I Manoscritti completi più antichi risalgono addirittura al IX secolo.
I Protestanti si appellano all'opinione di qualche padre della Chiesa (ricorrono ai padri solo quando fa comodo a loro) che ha messo in dubbio l'ispirazione dei libri assenti nel canone ebraico, tra questi San Girolamo. La polemica sollevata dai giudei, infatti, contaminò anche le opinioni di alcuni cristiani, e questa eco si fece risentire per parecchi secoli. Non è però l'opinione del singolo padre a decretare una Verità in materia di fede, ma, come dice San Vincenzo di Lerino, il consenso generale della Chiesa Cattolica (Universale, cioè quella Ortodossa, non papista).
Alcuni padri che in teoria sembra negassero l'ispirazione dei libri esclusi dal canone ebraico, nella pratica si smentiscono citando sovente i libri in essa contenuti, come ad esempio Origene che solo nell'opera “De principii” cita una trentina di volte i libri del canone lungo. Questo è sintomatico della diatriba che contagiò, come dissi poco sopra, i Cristiani stessi.

Dando un rapido sguardo alla considerazione dei suddetti libri come ispirati, in seno ai primi secoli della Chiesa, vediamo come non solo il Nuovo Testamento faccia spesso riferimento a questi, ma anche gli scrittori sub-apostolici, gli apologeti del II secolo e quasi tutti i padri dei secoli successivi. Ecco un elenco di alcuni degli scrittori cristiani dei primi due secoli che citano i passi di uno o più libri del “canone lungo” come ispirati: Clemente Romano (? - 97), Ignazio di Antiochia (35 – 107), Policarpo di Smirne (69-155), Giustino di Nablus (100 - 165), Atenagora di Atene (133 – 190), Ireneo di Lione (130 – 202), Clemente di Alessandria (150 – 215), Tertulliano (160 - 220), oltre agli autorevoli scritti della Didachè (fine I secolo) e il Pastore di Erma (inizio II secolo).



Ecco i pareri di alcuni di loro:

Giustino << Ma neppure do credito ai vostri maestri, i quali non riconoscono come valida la versione fatta dai settanta anziani per iniziativa di Tolemeo re d'Egitto e si provano piuttosto a fare da essi stessi una loro traduzione >> (Dialogo con Trifone 71).
Questa è una testimonianza (di parte, certo, ma perché dar credito alla controparte, se noi siamo Cristiani?) del fatto che gli Ebrei si mossero a screditare la Settanta.

Ireneo di Lione << Gli Apostoli infatti che sono anteriori a costoro (gli altri traduttori N.d.A) convengono con la predetta versione (la Settanta) e la nostra versione concorda con quella degli Apostoli. Pietro e Giovanni, Matteo e Paolo, gli altri ancora e i loro discepoli annunciarono tutte le cose profetate nel modo che è contenuto nella versione degli anziani >> (Contro le eresie III 21,3).

Clemente di Alessandria << Demetrio Falerio ha portato i migliori materiali per la traduzione perché i macedoni erano anche in Asia e il re era ambizioso di ampliare la sua biblioteca con ogni genere di scritto. (…) Non erano alieni di ispirazione divina tanto i profeti quanto i traduttori >> (Stromata I,22).

Sempre riguardo il canone dell'Antico Testamento, Agostino stilò un elenco dei libri sacri canonici (La Dottrina Cristiana, Libro II 8.13), che corrisponde a quello del concilio di Cartagine del 397 e alle Decretali di Gelasio (tradizionalmente fine V secolo, ma la datazione è incerta).

<< Le Scritture canoniche sono: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio; Giosuè, Giudici, Ruth, i quattro dei Re, i due dei Paralipomeni, Giobbe, Salterio di David, cinque libri di Salomone [Proverbi, Ecclesiaste, Cantico dei Cantici, Sapienza, Ecclesiastico], i dodici Profeti [i minori: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia], Isaia, Geremia, Daniele, Ezechiele, Tobia, Giuditta, Ester, i due di Esdra [Neemia ed Esdra], i due dei Maccabei. Del Nuovo Testamento quattro libri di Evangeli, un libro di Atti degli Apostoli, tredici lettere di Paolo apostolo, una del medesimo agli Ebrei, due di Pietro, tre di Giovanni, una di Giacomo, una di Giuda, l’Apocalisse di Giovanni >> (Concilio di Cartagine del 397).

Agostino elenca ben sei libri estranei al canone ebraico: Sapienza, Ecclesiastico (Siracide), Giuditta, Tobia, 1 e 2 Maccabei.
E' da intendersi che quelli da lui nominati sono i libri in uso presso i latini, senza che vi sia intenzione di escludere dal novero degli ispirati gli altri libri della Settanta (come invece fecero erroneamente col Concilio di Trento). Questo è da dedursi sulla base delle parole dello stesso Agostino:

<< Tuttavia (cioè, nonostante vi siano altre versioni N.d.A) la Chiesa ha accettato quella dei Settanta, come se fosse l'unica e la usano i popoli cristiani di lingua greca, la maggior parte dei quali non sa se ve ne sia un'altra qualsiasi. Della traduzione dei Settanta si ha anche la traduzione in latino, che usano le Chiese di lingua latina (probabilmente in essa non erano contenuti tutti i libri, per questo Agostino non cita tutti i libri N.d.A), sebbene ai nostri giorni sia vissuto il prete Girolamo, uomo assai colto e conoscitore delle tre lingue, il quale ha tradotto i libri della Bibbia in latino, non dal greco ma dall'ebraico. Ma sebbene i Giudei ritengano valida la sua opera erudita e sostengano che i Settanta hanno parecchi errori, tuttavia le Chiese di Cristo giudicano che nessuno si deve preferire all'autorevolezza di tanti uomini (i traduttori della Settanta N.d.A), scelti da Eleazaro, pontefice in quel tempo, a un'opera così grande >> (Città di Dio XVIII, 43).

Ad Oriente, invece, quasi unanimemente furono considerati ispirati tutti i libri contenuti nella Settanta, e ancora oggi, nella Bibbia Ortodossa, è contenuto per intero tutto il canone. Tuttavia, non vi è mai stata la necessità di ratificare con autorità ciò che nella Tradizione si era consolidato come canonico e che, a differenza che in Occidente, non fu soggetto a grosse dispute.
Solo nel VII secolo, infatti, l'eminente concilio di Trullo, in modo piuttosto generico, confermò come ispirato il canone 85 dei “Canoni degli Apostoli”, i quali fanno parte della più ampia opera “Costituzioni Apostoliche” (IV secolo), ma sono di eredità apostolica.
Riguardo l'Antico Testamento il canone dice: 

<< Siano Venerati e Santi a voi tutti uomini di Chiesa, chierici e laici, le seguenti Scritture dall'Antico Testamento: I 5 libri di Mosè: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio; uno di Giosuè, figlio di Navi; uno dei Giudici; uno di Rut; quattro dei Re; due dei Paralipomeni, libro dei giorni; due di Esdra; due di Ester (alcuni testi leggono: “uno di Ester; uno di Giuditta” N.d.A); tre dei Maccabei; uno di Giobbe; uno il Salterio; tre di Salomone: Proverbi, Ecclesiaste, Cantico dei Cantici; dodici dei profeti; uno di Isaia; uno di Geremia; uno di Ezechiele; uno di Daniele. Abbiate cura che i vostri giovani apprendano bene i libri della Sapienza dell'erudito Sirach (Coi quali si intendeva sia l'Ecclesiastico che la Sapienza, attribuite tradizionalmente a Sirach, come attesta Agostino nel secondo libro de “La Dottrina Cristiana”, il quale scrive: “Difatti gli altri due libri, intitolati uno la Sapienza e l'altro l'Ecclesiastico, per una certa somiglianza vengono detti di Salomone. E' in effetti tradizione quanto mai costante che li abbia scritti Gesù figlio di Sirach”, N.d.A ) >>.
Dei Libri estranei al canone ebraico, citati in questa testimonianza, vi sono: Sapienza, Ecclesiastico, Ester greco (e/o Giuditta, in base al testo di riferimento) e ben tre libri dei Maccabei. 
A quei tempi era difficile reperire i testi e spesso le Chiese non avevano a disposizione tutta la Scrittura. Gli elenchi, presenti in varie testimonianze, potevano variare dipendentemente dai libri che erano disposizione, e l'assenza di alcuni libri dagli elenchi non è indice assoluto di esclusione, motivo per cui, in Oriente, furono accolti tutti i libri della Settanta, in perfetto accordo con la considerazione che questi godevano presso gli Apostoli.

Trovo ci sia dell'assurdo nell'utilizzare una versione differente da quella impiegata dagli Apostoli; muovo questa critica nei confronti di tutte le confessioni non ortodosse, come la chiesa papista, che preferisce la versione masoretica laddove corrisponde a grandi linee a quella greca, mentre utilizza ovviamente la Settanta per i libri che loro chiamano “deuterocanonici” (che sono quelli esclusi dal canone ebraico), ed entrambe le versioni, accostandole, quando testo greco ed ebraico sono differenti (come per il libro di Ester); le potenziali incongruenze fra le citazioni presenti nel Nuovo Testamento e il corrispondente versetto dell'Antico Testamento sono stemperate ricorrendo – nello specifico di quel passo – alla Settanta (come per Is. 7,14 tradotto dalla CEI 2008 con “la vergine concepirà”). Il risultato è quello di un collage discretamente riuscito, ma di dubbia coerenza interna: se la Bibbia - per noi Cristiani - è un unico grande libro, composto sì nel corso dei secoli, ma avente unità e organicità interni ben delineati, la coesione di tutti gli elementi è garantita proprio dall'utilizzo della Settanta come unico testo dell'Antico Testamento.

Vedremo ora dei riferimenti neotestamentari ai libri esclusi dal canone ebraico.

Eb. 1,3 << Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la parola della sua potenza >>, si rifa a:
Sapienza 7,25 << E' infatti un'emanazione della potenza divina e un'irradiazione tutta pura della gloria di Dio >>.
Quest'ultimo passo, essendo la sapienza attributo cristologico, risulta profetico; in tale prospettiva tutto il libro della Sapienza è eminentemente messianico, eliminarlo dal canone significherebbe rinunciare ad un'autentica ispirazione profetica, colta dagli scrittori cristiani.

Il potere di Dio sulla vita e sulla morte, riportato in Sapienza, viene ripreso dall'Apocalisse in riferimento al Cristo:

Sap. 16,13 << Tu infatti (il Signore N.d.A) hai potere sulla vita e sulla morte, conduci alle porte del regno dei morti e fai risalire >>.
Ap. 1,18 << Fui morto, ma ora eccomi vivo per i secoli dei secoli; nelle mie mani le chiavi della Morte e dell'Ade.

Ecco un brano adempiuto alla lettera:

Sap. 2:18 << (dicono - gli empi - fra loro sragionando) Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari >>. Nel Vangelo infatti troviamo: 
Mt. 27,43<< Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”! >>.

Tutta la parte finale del secondo capitolo della Sapienza preannuncia il Cristo. Vale la pena riportare il brano.

Sap 2,12-20 << Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d'incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l'educazione ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e chiama sé stesso figlio del Signore.
E' diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade. Siamo stati considerati da lui moneta falsa, e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure. Proclama beata la sorte finale dei giusti e si vanta di avere Dio per padre. 
Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà >>.

E ancora, un passo in cui il legno figura la Croce di Cristo:

Sap 14,7 << Benedetto è il legno per mezzo del quale si compie la giustizia >>.  

Paolo utilizza il libro della Sapienza per fare il celebre discorso sui vasi di elezione, discorso caro ai protestanti che credono alla predestinazione.

Sap 15,7 << Un vasaio, impastando con fatica la terra molle, plasma per il nostro uso ogni vaso. Ma con il medesimo fango modella i vasi che servono per usi nobili e quelli per usi contrari, tutti allo stesso modo; quale debba essere l'uso di ognuno di essi lo giudica colui che lavora l'argilla >>
Rm 9,20-21 << Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: “perché mi hai fatto così?”. Forse il vasaio non è padrone dell'argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare? >>.

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